procedura per la declaratoria di inefficacia del provvedimento cautelare

Tribunale di Genova Sez. VI, Ordinanza 28/2/2000.

Procedimento Civile – Ricorso per inefficacia di provvedimento cautelare – Competenza – Procedimento

Rientra nella generale attribuzione dell’Ufficio Giudiziario che ha emesso il provvedimento cautelare la domanda volta ad ottenere la declaratoria di inefficacia dello stesso provvedimento cautelare, ogni qualvolta sussista contestazione in ordine alla inefficacia.

In ipotesi di contestazione sulla dedotta inefficacia il procedimento relativo deve proseguire nelle forme del procedimento ordinario di cognizione.

 

letteralmente dal testo:

Il Giudice sciogliendo la riserva OSSERVA – la Società X, destinataria del provvedimento d’urgenza emesso da questo giudice il 6.12.1999 ha presentato ricorso ex art. 669 novies C.p.c. chiedendo che venisse dichiarata l’inefficacia del predetto provvedimento in quanto l’atto di citazione con il quale la Società Y aveva promosso la causa di merito era a suo dire nullo (per mancata indicazione del giudice adito, della prima udienza ed altro); all’udienza di comparizione fissata ai sensi dell’art. 669 novies Cpc la difesa della Società Y ha ritenuto che ogni valutazione in ordine alla nullità dell’atto di citazione è di competenza del giudice del merito; sussiste pertanto contestazione in ordine alla sopravvenuta inefficacia del provvedimento con la conseguenza che la decisione deve essere adottata con sentenza (art. citato); il procedimento deve pertanto proseguire nelle forme della cognizione piena; la presenza di un istanza di riunione della causa di merito ad altre cause pendenti tra le stesse parti davanti ad altro giudice di questa sezione fa ritenere opportuna la trasmissione la Presidente anche della presente causa per la designazione del giudice che dovrà procedere alla trattazione della causa; P.Q.M.

Omissis.

[VIGOTTI, Estensore]

Nota di Commento. Sulla procedura per la declaratoria di inefficacia del provvedimento cautelare.

1.Il Caso.

Nel caso di specie la Società X evocava nanti il Giudice che aveva emesso un precedente provvedimento cautelare in suo danno, la Società Y al fine di sentire dichiarare l’inefficacia ai sensi dell’art. 669 novies C.p.c. dello stesso provvedimento cautelare, con ogni conseguenza sul piano restitutorio, in quanto la stessa Società Y non aveva nei termini instaurato il giudizio di merito, avendo notificato un atto di citazione (mancante della intera pagina contenente la vocatio in ius e parte delle conclusioni) privo dei requisiti essenziali previsti dall’art. 163 C.p.c. e quindi addirittura inesistente.

All’udienza fissata in ossequio all’art. 669 novies Cp.c., la Società Y si costituiva, contestando non tanto il fatto della notifica dell’atto in tal guisa redatto (e cioè mancante di tale pagina), ma rilevando esclusivamente che ogni decisione in ordine alla validità o meno dell’atto in questione doveva ritenersi devoluta esclusivamente al Giudice del merito e quindi opponendosi alla emissione di ordinanza ex art. 669 novies C.p.c. secondo comma.

Il Giudice a scioglimento della riserva, riteneva che ogni qualvolta venga formulata una qualsiasi contestazione in ordine alla dedotta inefficacia, la relativa decisione deve essere assunta con sentenza e pertanto il procedimento relativo deve proseguire nelle forme del procedimento ordinario di cognizione.

Rimetteva, sussistendo poi una evidente ipotesi di connessione con altre controversie già pendenti tra le parti, la causa relativa all’inefficacia del procedimento cautelare al Presidente di sezione per i provvedimenti di cui all’art. 274 C.p.c.

II. Le questioni.

a)La “dicotomia” Giudice – Ufficio Giudiziario. Competenza o mero criterio di attribuzione?

La decisione assunta con ordinanza dal Tribunale di Genova permette di fare chiarezza in una questione sulla quale peraltro dottrina e giurisprudenza, ancora oggi non paiono essere concordi, e cioè permette di circoscrivere l’esatta applicazione delle regole procedurali applicabili per la declaratoria di inefficacia del provvedimento cautelare, in caso di contestazione del resistente.

I problemi che si erano posti in sede di prima applicazione della disciplina uniforme cautelare, avevano ad oggetto la natura del procedimento volto alla dichiarazione di inefficacia. Si discuteva infatti, ritenuto che la fissazione della prima udienza nanti il Giudice designato a decidere sulla istanza ex art. 669 novies, seguiva inizialmente il rito dei procedimenti ad istruzione sommaria, e quindi veniva proposto con ricorso da depositarsi comunque nanti il Giudice che aveva emesso il provvedimento in contestazione, se fosse necessario in caso di contestazioni formulate dalla resistente alla prima udienza così fissata, un provvedimento di mutamento del rito, ritenuto che il giudizio in tale ipotesi si trasformava in un procedimento a cognizione piena.

In tale ipotesi, infatti, parte della dottrina riteneva che in applicazione analogica degli art. 426 e 427 C.p.c., il Giudice nanti il quale si svolgeva la prima udienza in sede di istruzione sommaria, doveva fissare l’udienza da valersi come udienza di prima comparizione, al fine di consentire alle parti l’esercizio dei poteri e delle facoltà ricollegate alla prima udienza ex art. 180 C.p.c.

Effettivamente la formulazione dell’art. 669 novies C.p.c. lascia piuttosto perplessi, ritenuto che anche la dicotomia tra Ufficio Giudiziario e Giudice che ha emesso il provvedimento cautelare, risulta non eccessivamente chiara, sia sotto il profilo della competenza all’emissione del provvedimento richiesto (sia esso con ordinanza o con sentenza) sia sotto l’aspetto propriamente procedurale.

Non pare certamente sul punto condivisibile l’assunto secondo il quale la disposizione predetta dovrebbe interpretarsi nel senso che il legislatore avrebbe voluto affidare la decisione a persona fisica diversa (nell’ipotesi di contestazione) rispetto a quella che emise il provvedimento in contestazione (Mandrioli no 294 – Proto Pisani si Foro It. 1991).

Pare invece che la dicotomia possa avere un significato solo se si abbia riguardo al fatto che il diritto sostanziale dedotto in giudizio, può rientrare nel novero di quelle controversie per le quali secondo l’art. 48 nel nuovo testo delle disposizioni sull’ordinamento giudiziario, preveda, nel merito, la riserva di collegialità.

In tale caso risulta evidente che la specificazione che in caso di contestazione sia competente l’Ufficio giudiziario e non il Giudice singolo, abbia la finalità di evitare un palese contrasto (ritenuto che la disciplina uniforme dei procedimenti cautelari prevede la decisione da parte di un solo magistrato, essendo esclusa, se non in sede di reclamo, la decisione collegiale) con la disposizione predetta, attribuendo così nel caso sia necessaria una trattazione a cognizione piena, una generale competenza (in ossequio alla possibile riserva di collegialità prevista dall’art. 48) all’Ufficio Giudiziario complessivamente considerato.

Altra questione riguarda il se tale dicotomia, determini una questione di competenza in senso tecnico o di mera distribuzione all’interno dell’ufficio delle controversie. Anche su questa questione la poco chiara formulazione dell’art. 669 novies C.p.c. ha dato il destro ad interpretazioni non corrette ed in contrasto con il sistema approntato dal Codice di rito.

I profili strutturali attinenti al nuovo modello di giudice unico, fanno infatti ritenere che la relativa questione sia meramente interna all’Ufficio e riguardi quindi la mera distribuzione delle controversie e/o la composizione del giudice, venendo in rilievo nella fattispecie di cui all’art. 669 novies C.p.c. non l’identificazione dell’organo giudiziario, che resta comunque unico, ma solo la sua composizione.

b)La regole procedurali per la declaratoria di inefficacia in ipotesi di contestazione.

Ciò chiarito, risulta evidente che indipendentemente dalle contestazioni successive ed eventuali, che la parte resistente può promuovere, anche ad arte, in sede di prima comparizione nella fase così detta a delibazione sommaria (“eventuale”) il ricorso vada comunque presentato, nei casi espressamente previsti dall’art. 669 Novies C.p.c. al Giudice, inteso genericamente come magistrato appartenente all’Ufficio Giudiziario che ha emesso il provvedimento. In calce al ricorso il Presidente con decreto designa il magistrato per la trattazione (che quindi può anche non essere lo stesso magistrato persona fisica che ha emesso il provvedimento cautelare), fissando l’udienza di comparizione, e per quanto nulla dica l’art. 669 novies C.p.c., un termine per la notifica del ricorso e del decreto alla controparte.

All’udienza così fissata si pone quindi la prima vexata questio. E’ sufficiente qualsivoglia contestazione, anche se palesemente infondata, o la contestazione sull’inefficacia deve essere fornita di un minimo fumus?

La soluzione per la quale opta, in sede di delibazione sommaria, il Tribunale di Genova, è nel senso di ritenere che qualsivoglia contestazione legittimi la prosecuzione del procedimento nelle forme del procedimento ordinario di cognizione. Tale soluzione, nel silenzio della normativa, risulta certamente quella più garantista per le parti in causa e rispettosa del principio del contraddittorio. Risulta infatti evidente che, in sede di delibazione sommaria, non sia opportuno (anche per il dubbio regime dell’impugnativa dell’ordinanza emessa eventualmente ai sensi dell’art,. 669 novies secondo comma C.p.c.) vagliare le questioni sottese alla pronuncia di inefficacia. D’altronde, per quanto i tempi di un procedimento ordinario di cognizione siano senza dubbio più lunghi, nulla osta a ché, ritenuta la causa già matura per la decisione alla prima udienza di comparizione, il magistrato possa trattenere la causa in decisione. D’altronde è la stessa formulazione letterale della norma che non lascia dubbi interpretativi, sul punto.

Altra rilevante questione è quella relativa alle modalità di trattazione della controversia che prosegue nelle forme del procedimento ordinario di cognizione.

Anche in ordine a tale questione il Tribunale di Genova, ritiene non necessaria alcuna ordinanza di mutamento di rito e/o di rimessione in termini, e si è quindi limitato a disporre (nel caso di specie sussistendo connessione ex art. 274 C.p.c con altre controversie già pendenti tra le parti) la rimessione della controversia al Presidente per la designazione del magistrato per la trattazione nelle forme ordinarie.

Se da un lato, la notifica del ricorso e del decreto a controparte, e la conseguente concreta possibilità attribuita di costituirsi sino all’udienza in sede di comparizione fissata in sede di procedimento sommario e di effettuare quindi le necessarie contestazioni, non pongono alcun problema in ordine al rispetto del principio del contraddittorio, dall’altro, però, quanto meno in linea di principio non si può non rilevare che successivamente alla prima udienza ex art. 180 C.p.c. (alla quale udienza la causa viene naturalmente rimessa dopo una prima delibazione sommaria), si possono verificare le decadenze per il resistente – convenuto, di cui all’art. 167 C.p.c..

Il problema è certamente più teorico che pratico, ritenuto che nel procedimento per la declaratoria di inefficacia sia la domanda riconvenzionale in senso tecnico, sia la chiamata in causa del terzo, sono di fatto ipotesi assolutamente residuali.

Ma in realtà, per quanto residuale l’ipotesi non è certamente da escludersi. Si pensi al caso del resistente – convenuto che contesti la eccepita nullità della notifica ma che ritenga di dover chiamare in causa in garanzia, l’Ufficiale Giudiziario che potrebbe essere tenuto al pagamento dei danni e/o delle spese.

Il problema che si pone è quindi quello di verificare se il procedimento, anche se divenuto a cognizione piena, per la dichiarazione di inefficacia, sia un procedimento del tutto autonomo ed a contraddittorio ed oggetto necessario (le parti che hanno partecipato alla fase cautelare e la sola questione, peraltro codificata, delle ipotesi di inefficacia) oppure se all’atto ed a cagione della contestazione diventi null’altro che un normale procedimento di cognizione, nel quale possono essere dedotte ulteriori questioni, domande riconvenzionali ed al quale possono quindi partecipare anche soggetti che non hanno partecipato al procedimento cautelare.

Dall’esame complessivo della normativa non si può non dare atto che il procedimento per la declaratoria di inefficacia, costituisce, indipendentemente dalla forma nella quale si concreta (e quindi sia che rimanga a cognizione sommaria o diventi un procedimento a cognizione piena) un procedimento del tutto autonomo e finalizzato esclusivamente a verificare e/o a pronunciarsi sulle ipotesi di inefficacia specificatamente indicate nello stesso articolo 669 novies C.p.c., costituendo quindi un procedimento a contraddittorio ed a oggetto necessario.

Da tale considerazione risulta evidente che il resistente – convenuto non possa estendere, in tale procedimento, l’oggetto del procedimento né, ritenuta la specialità ed autonomia dello stesso, far partecipare soggetti che non abbiano avuto parte nella fase cautelare.

Ogni questione, pertanto, relativa alle decadenze di cui all’art. 167 C.p.c. e quindi ogni questione relativa alla necessità di disporre con ordinanza un mutamento di rito, al fine di evitare alle parti le decadenze di cui all’art. 180 C.p.c., risulta chiaramente superata.

In caso di contestazione, pertanto, il magistrato designato, non potendo decidere con ordinanza, fisserà una nuova udienza che sarà ad ogni effetto la prima udienza ex art. 180 C.p.c..

Il procedimento proseguirà, dopo la prima udienza in sede sommaria, salvo quanto sopra specificato, secondo le normali regole del procedimento civile ordinario.

III. I precedenti.

I precedenti giurisprudenziali sulle questioni conseguenti all’interpretazione dell’art. 669 novies sono molteplici.

In un caso specifico, risolvendo la questione di “competenza” relativamente alla dichiarazione di inefficacia del provvedimento cautelare in corso di causa, il Trib. Biella (Cfr. Trib. Biella, 8 marzo 1996 in Giur. di Merito, 1998, 274) ha affermato che tale “competenza”, spetta, in conformità al procedimento di cui all’art. 669 novies comma 2 c.p.c., all’ufficio giudiziario innanzi al quale è sorta contestazione sull’inefficacia del provvedimento cautelare.

Concorde nel senso che di fatto il procedimento di inefficacia costituisca un procedimento autonomo rispetto al procedimento sul merito del provvedimento cautelare è Trib. Modena, 26 marzo 1998 (in Giur. di Merito, 1999, 12), il quale ha affermato che la competenza a dichiarare l’inefficacia della misura cautelare concessa “ante causam”, per la tardiva instaurazione della causa di merito, spetta non al giudice della causa di merito ma solo ed esclusivamente al giudice che ha emesso la misura cautelare da dichiarare inefficace.

In ordine ai provvedimenti conseguenti alla dichiarazione di inefficacia si veda Pret. Vallo Lucania, 5 maggio 1998 in Giur. di Merito, 1999, 744.

Si veda poi, per una fattispecie particolare, la pronuncia emessa dal Trib. Palmi, 9 luglio 1998 (in Giur. It., 1999, 1212, con nota di GENNARI) nella quale si legge: “Il procedimento previsto dall’art. 669 novies per la dichiarazione di inefficacia del provvedimento cautelare, ed in particolare l’obbligo di fissare un’udienza di comparizione delle parti, non opera ogni qual volta non sia ancora concluso il procedimento cautelare ovvero sia stato iniziato il giudizio di merito (nella specie, la parte convenuta aveva chiesto, in pendenza del procedimento cautelare, che venisse dichiarata l’inefficacia del sequestro concesso con decreto emesso “inaudita altera parte” in quanto non eseguito entro il termine di trenta giorni dalla pronuncia).”

Nel senso che il giudice competente a dichiarare l’inefficacia della misura cautelare sia la Sezione complessivamente considerata e non il giudice designato, si veda C. Conti sez. riun., 20 gennaio 1998, n.2/Q in Riv. Corte Conti 1998, fasc. 1, 50.

Ritiene invece che competente a dichiarare l’inefficacia del provvedimento cautelare sia il giudice istruttore della causa di merito, senza che sia necessaria una rinnovata designazione da parte del capo dell’ufficio, Trib. Trani 30 settembre 1997, in Giur. It. 1997. I, 2, 150 con nota di CARRATTA.

Il Tribunale di Lecce (Cfr. Trib. Lecce 14 settembre 1996, in Giur. It., 1998, 706) in ordine alle regole procedurali applicabili al procedimento inteso ad ottenere la declaratoria di inefficacia della misura cautelare, ha precisato che qualora siano assolutamente pacifici i termini di fatto della questione, non vi sia alcuna necessità di fissare l’udienza di trattazione e l’udienza per le istanze istruttorie, potendo altresì le parti rinunciare al deposito della comparse conclusionale, all’atto della discussione della causa in prima udienza, se la causa stessa verta su questioni di mero diritto già trattate negli atti scritti e nella discussione orale.

IV. La dottrina.

Il Mandrioli in ordine alla competenza tra giudice che ha emesso il provvedimento ed ufficio giudiziario così come specificato dall’art. 669 novies ha affermato che l’interpretazione dell’inciso “in caso di contestazione l’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento cautelare..omissis.” deve intendersi nel senso che, pur in mancanza di precisazione di quale sia l’organo competente per questa pronuncia, riservi, a conclusione di un procedimento autonomo da quello di merito, ogni decisione in proposito al Collegio (Cfr. MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, 1993, Torino, III, pag. 294 e ss.).

Concorda nel senso che il procedimento per la declaratoria di inefficacia costituisca un procedimento autonomo rispetto al procedimento di merito il POTOTSCHNIG, in Riv. Dir. Proc. 1992, pag. 412.

In ordine agli aspetti prettamente procedurali il PROTO PISANI (in Foro It. 1991, V, 76) ritiene invece che la trasformazione del procedimento da giudizio sommario a giudizio a cognizione piena, renda necessaria la formalizzazione del passaggio stesso con una apposita ordinanza di mutamento del rito, in applicazione analogica degli art. 426 e 427 C.p.c.. Ritiene l’illustre autore che tale ordinanza dovrebbe fissare l’udienza da valere come udienza di prima comparizione al fine di consentire alle parti processuali di depositare eventuali memorie integrative, al fine di evitare le decadenze conseguenti.

Per una rassegna generale sulle questioni connesse alla declaratoria di inefficacia delle misura cautelari, senza pretesa di completezza, si rimanda a CAPORUSSO S., Sulla competenza e sul rito per la dichiarazione d’inefficacia del provvedimento cautelare in Rass. Dir. Civ., 1999, 443; CASTALDI E., Inefficacia del provvedimento cautelare ex art. 669 novies, comma 1. c.p.c., inizio e natura del procedimento di merito e sospensione feriale dei termini processuali in Riv. Giur. Sarda, 1997, 835; RECUSSI P., L’inefficacia del provvedimento cautelare in rapporto alla definizione in rito del processo di merito ed alla natura sostitutiva del reclamo (nota a sent. Pret. Roma 19 febbraio 1997,in Giur. di Merito, 1998, 240); VIANELLO E., Procedimenti cautelari (Parte generale)., Utet, Torino, 1998; CASTALDI E., Inefficacia del provvedimento cautelare ex art. 669 novies comma 1 c.p.c., inizio e natura del procedimento di merito e sospensione feriale di termini processuali in Nuovo Dir., 1997, 507; AA.VV. , Prime esperienze del nuovo processo cautelare., Giuffrè Milano, 1996.

Massimo Curti