Procedimento di riscossione e sospensione cautelare nanti il Giudice Ordinario

Tribunale di Genova, Sez.I, Ord. 06/03/2000, Dott. Marchesiello

Imposte e Tasse– Accise sugli spiriti – Sospensione della riscossione – Ricorso ex art. 669 sexies C.p.c. – Sospendibilità della riscossione inaudita altera parte – Sussistenza dei gravi motivi – Ammissibilità.

E’ ammissibile nella sussistenza di gravi motivi e di un pregiudizio imminente ed irreparabile, la sospensione ai sensi dell’art. 29 del D.lgs 26/02/1999 n. 46, della riscossione anche inaudita altera parte ex art. 669 sexies secondo comma C.p.c..

I gravi motivi previsti dal D.Lgs. 26/02/1999 n. 46, sia oggettivi che soggettivi, debbono essere connotati da un elemento di gravità, che può essere dato o dalla forte probabilità che l’istante sia assoggettato alla riscossione ingiustamente o dalla imponenza del danno che la riscossione coattiva può recare.

Procedimento cautelare ordinario e sospensione della riscossione davanti all’A.g.o..

di Massimo Curti Avvocato in Genova

Le problematiche relative alla sospensione della riscossione nanti l’A.g.o..

Continuano le pronunce del Tribunale di Genova sulla questione della sospensione della riscossione in materia di accise.

Le prime applicazioni della nuova disciplina approntata dal Dlgs 26 febbraio 1999 n. 46, che ha chiarito i limiti della giurisdizione spettante all’A.g.o. in materia tributaria, conferendo espressamente al Giudice Ordinario, per le entrate tributarie diverse da quelle elencate dall’art. 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e per quelle non tributarie, il potere di sospendere la riscossione, hanno permesso di ricostruire un generale quadro sia delle condizioni per provvedere alla sospensione, sia delle regole procedurali applicabili, per l’appunto alla procedura volta ad ottenere la sospensione della riscossione.

In ordine alle condizioni per provvedere alla sospensione il Tribunale di Genova si era già pronunciato[1] ed, aveva ritenuto di dover fornire alla generica espressione contenuta nel D.lgs 46/99 “gravi motivi” una interpretazione, lato sensu, maggiormente favorevole al soggetto tributario passivo. In tal senso si era sostenuto che per gravi motivi potevano intendersi sia motivi assimilabili in tutto e per tutto al “fumus boni iuris” richiesto come requisito essenziale di qualsivoglia azione cautelare, sia generiche situazioni sia oggettive che soggettive riguardanti il soggetto giuridico sottoposto al procedimento di riscossione coattiva e che a differenza delle condizioni dell’azione cautelare in generale per la concessione della misura della sospensione della riscossione, fosse invece sufficiente la ricorrenza anche di un solo grave motivo, derivante dalla combinazione delle accezioni sopra evidenziate.

L’ammissibilità e la possibilità di concessione della sospensione della riscossione, indipendentemente dalla sussistenza e finanche dal mero esame della fondatezza dei motivi allegati, qualora sussista la gravità del pregiudizio, è stata e viene anche nel provvedimento oggetto della presente nota, confermata integralmente.

Il Tribunale di Genova con l’ordinanza in epigrafe torna a trattare il problema della sospendibilità della riscossione confermando che per la concessione della misura della sospensione della riscossione, è sufficiente la ricorrenza anche di un solo grave motivo, sia esso soggettivo o oggettivo, ritenendo in conclusione, che sussista una divergenza tra presupposti per la concessione della misura cautelare così come disciplinata dal codice di rito, e i motivi posti a fondamento della sospensione (in via cautelare) della riscossione[2].

L’odierna pronuncia presenta quindi un particolare interesse, per le questioni ad essa sottese, ritenuto che se da una parte si afferma la non applicabilità dei generali presupposti riferibili a qualsivoglia misura cautelare, dall’altro si afferma sussistere la possibilità di sospendere la riscossione, anche inaudita altera parte, e quindi in ossequio invece all’art. 669 sexies comma secondo C.p.c.., la generale applicabilità delle disposizioni generali, previste dal codice di rito per le misura cautelari “ordinarie”.

La sospensione della riscossione tra regole processuali ed integrazioni sostanziali.

L’attribuzione all’A.g.o. della piena giurisdizione per le entrate tributarie diverse da quelle elencate dall’art. 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e per quelle non tributarie, contiene, senza tema di dubbio un generale e completo rimando alle regole procedurali previste per i singoli procedimenti che si svolgono nanti tale Giudice e quindi al codice di rito ed alle leggi complementari che regolamentano tutta l’attività giurisdizionale connessa.

I problemi, o meglio le questioni che si pongono, sono relative all’adattamento delle regole procedurali e delle disposizioni del codice di procedura civile, con la particolare materia della sospensione della riscossione ed in generale delle disposizioni che regolano la materia tributaria da un punto di vista sostanziale.

Ritenuto infatti che nanti le Commissioni Tributarie il giudizio si svolge secondo un procedimento essenzialmente “impugnatorio” dei particolari atti elencati dall’art. 19 del D.lvo 31/12/1992, n. 546, il problema di adattamento delle regole procedurali previste per il diverso giudizio civile, costituisce problema non indifferente[3]. Devesi infatti rilevare che la struttura del procedimento civile prevede, in generale, un giudizio costituito come cognizione in senso tecnico e cioè un giudizio volto non a dichiarare l’illegittimità dell’atto tributario per la sussistenza di vizi, ma volto ad accertare eventualmente il merito della debenza e quindi la sussistenza o meno dell’obbligazione tributaria azionata. Inoltre, mentre per il giudizio nanti le Commissioni Tributarie, esiste una norma di chiusura[4] che permette una generica applicabilità delle norme del codice di procedura civile, previo giudizio di compatibilità, al contrario per il giudizio in materia tributaria che si svolge nanti l’A.g.o. non esiste, almeno da un punto di vista formale, alcuna possibilità di formale integrazione tra i due riti.

Che poi invece, di fatto, i giudici ordinari, trattando la materia tributaria, tendano ad applicare al giudizio ordinario le categorie processuali proprie del procedimento tributario disciplinato dal D.Lgvo 546 del 1992, risulta comprovato altresì dalla ordinanza di cui in oggi si discute.

L’applicazione dell’art. 669 sexies comma secondo, che prevede la possibilità del Giudice di provvedere inaudita altera parte, e cioè senza la convocazione dell’altro contraddittorie, se interpretata letteralmente risulta infatti limitata a quei casi in cui la convocazione in sé e per sé della controparte potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento[5], e cioè nel caso in cui il rivelare alla controparte la mera richiesta dell’intervento provvisorio ed urgente renderebbe lo stesso privo di qualsivoglia utilità.

Nel caso di specie, però, la mera sussistenza di gravissimi motivi d’urgenza, e di pericolo di immediata chiusura di ogni attività da parte del soggetto passivo ( e non tanto il pericolo di impossibilità di attuazione del provvedimento, in caso di convocazione della controparte) ha determinato da parte del Tribunale di Genova, l’adozione di un provvedimento inaudita altera parte.

L’interpretazione estensiva dell’art. 669 sexies comma secondo, data dal Tribunale di Genova trova in realtà sostegno più nell’analogo (ma più ampio) art. 47 del D.lgvo 546 del 1999, il quale prevede che nei casi di estrema urgenza si possa provvedere alla sospensione della riscossione anche senza previa convocazione della controparte, che nella interpretazione estensiva data a tale articolo da parte della dottrina.

Da un punto di vista strettamente sistematico si deve però ribadire che una volta stabilita la giurisdizione dell’A.g.o. in ordine alla possibilità di provvedere alla sospensione della riscossione di un determinato tributo, la disciplina procedurale applicabile è solo ed esclusivamente quella dettata dal Codice di Procedura Civile.

Né possono trarre in inganno le particolari disposizioni di natura sostanziale che regolano l’imposizione ed in generale la materia tributaria.

La conseguenza di tale necessaria applicazione determina ad esempio che il limite temporale per “l’impugnazione” degli atti tributari, si atteggia diversamente nel caso di procedimento che si svolge nanti l’A.g.o., ritenuto che, salva la eventuale specifica decadenza (di natura sostanziale) prescritta nell’atto stesso, non può ad esempio ritenersi preclusa in linea di principio l’azione di accertamento dell’insussistenza della pretesa tributaria (che costituisce un giudizio di accertamento mero) per il solo decorso del generale termine di impugnazione, prescritto dalla normativa procedurale applicabile al giudizio nanti le Commissioni[6].

Il problema è che i limiti e le particolari regole procedurali, dettate e formulate per questioni affatto diverse, contenute nel codice di procedura civile, difficilmente si adattano alla materia tributaria, e comunque non possono essere certamente superate interpretando ed applicando analogicamente le diverse regole dettate per il procedimento tributario.

Le regole procedurali applicabili per il procedimento di sospensione della riscossione, per le entrate tributarie diverse da quelle elencate dall’art. 2 del DL 546/92.

Ciò rilevato nessun dubbio può sussistere sul fatto che, nel caso di sospensione della riscossione, le regole procedurali applicabili, qualora si rientri nell’alveo della giurisdizione, residuale, attribuita all’A.g.o., siano quelle proprie del codice di procedura civile e che quindi in tale ipotesi l’istanza di sospensione[7] debba essere proposta nelle forme del procedimento cautelare in generale ed in particolare rivesta la forma del generale ricorso ex art. 700 C.p.c..

Il ricorso dovrà essere previamente depositato nanti il Tribunale territorialmente competente, avendo peraltro riguardo al fatto che nel caso di imposte o entrate non tributarie azionate dallo Stato, devono applicarsi le generali regole afferenti il foro erariale[8].

La richiesta sospensione della riscossione, assume pertanto la forma di un qualsiasi procedimento cautelare ordinario, con la conseguenza che tutte le disposizioni prescritte dal Capo III Sezione I, del Codice di Procedura, risultano in linea di principio applicabili.

L’inapplicabilità di alcune disposizioni è peraltro determinata non tanto da un rilievo sistematico, ma dall’impossibilità, vista la natura dell’oggetto del ricorso, di concreta applicazione.

Ciò vale anche per i presupposti dell’azione cautelare (fumus boni iuris e periculum in mora) che in linea di principio dovrebbero ritenersi sussistere all’atto della proposizione del ricorso, ma che in ossequio all’art. 29 del D.lvo 46/99 vengono disattesi sulla scorta del fatto che la norma richiamata richiede quale unico requisito per procedere alla sospensione la mera sussistenza di “gravi motivi”.

Nulla osta pertanto, ferma restando la generica applicabilità della generale disciplina prescritta dal Codice di procedura, da un punto di vista sistematico ad una interpretazione dei requisiti prescritti dall’art. 29 del D.lvo 46/99 più favorevole al soggetto tributario passivo, ritenuto che tale norma, quale norma speciale, costituisce valida deroga della disciplina processualistica ordinaria.


[1] Cfr. Trib. di Genova Ord. 14/7/99 e 6/8/99 in questa rivista con nota dello scrivente “Giurisdizione tributaria dell’A.g.o. e sospensione della riscossione alla luce del Dlgs 26 febbraio 1999 n. 46”, 2000, 149 e ss.

[2] E ciò, si consenta di rilevare, in totale analogia con quanto disposto dall’art. 47 del D.lvo 31/12/1992, n. 546.

[3]Si veda ad esempio il Tribunale di Genova, Sez.I, Ord. 18/02/2000, il quale ha affermato “che l’invito a pagamento non costituisce atto della riscossione e quindi non legittima ai sensi dell’art. 29 del D.lgs 26/02/1999 n. 46, la domanda di sospensione stante la carenza di ogni interesse ad agire”. In questa rivista, con nota dello scrivente ” Invito a pagamento e sospensione della riscossione delle accise sugli spiriti.”, 2000,         e ss.

[4] L’art. 1 comma secondo del D.Lgvo 31 dicembre1992 n. 546, prevede che “i giudici tributari applicano le norme del presente decreto, e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile”.

[5] Il LUISO ritiene peraltro (Cfr. LUISO “La riforma dei procedimenti cautelari nei provvedimenti urgenti per il processo civile”, in Documenti Giustizia 1990, nn. 7 -8, 50 )che nella situazione configurata dall’art. in questione non potrebbe non rientrare il caso in cui il provvedimento cautelare troverebbe pregiudizio nel fatto stesso che esso diverrebbe inutile in forza di un semplice ritardo.

[6] Di sessanta giorni dalla notifica dell’atto impugnato ex art. 21 D.lvo 546/1992.

[7] La quale istanza di sospensione nanti le Commissioni Tributarie, viene formulata, per prassi, contestualmente al ricorso nel merito della pretesa tributaria azionata, in ossequio all’art. 47 del D.lvo 31/12/1992, n. 546.

[8] E quindi devesi applicare l’art. 25 del Codice di Procedura Civile.